Nei corsi della mia arte-vita il tema del Sacro è ricorrente. Riguarda taluni soggetti delle mie opere: dipinti, installazioni o performance. È anche un atteggiamento di fondo: uno stato della mente-cuore-corpo che si rivela a volte pacatamente sovversivo e gentilmente irriverente. Come quando il dipinto “… e il giorno dopo Maria lavò i suoi collant e la maglietta del bambino” fu rifiutato dal comitato di una mostra presepistica, non per nudità o altro – la Madonna non era neanche rappresentata – solo per il titolo che faceva pensare ad una Madonna troppo umana. Il Sacro è la grande domanda: “Dio c’è?” che ho scritto in diverse opere. Anche la relazione materna Maria – Gesù diventa centrale a un certo punto ed è sviluppata come separazione dal bambino. Il frugoletto lascia il caldo abbraccio dell’immagine sacra dipinta sulla parete, perde l’aureola nell’atterraggio e diventa tridimensionale e vivo. Spesso si ferma a giocare sulla sabbia, come facevo io nella mia infanzia. Non per celebrare un rito pagano ma, a volte mi piace sentirmi come una Madonna. Così mi metto un velo in testa o faccio ondeggiare veli blu nelle performance. Mi è capitato anche di compiere azioni d’arte in cimiteri, come al Père Lachaise di Parigi. Ho anche iniziato a festeggiare il mio onomastico a partire dal 19 ottobre 2005, quando il mare della Puglia me l’ha fatto notare portandomi, proprio in quel giorno un delfino (gonfiabile) come regalo inaspettato.