La figura umana mi ha sempre attratto come soggetto pittorico e ho sempre desiderato rappresentarla al meglio. Gli inizi furono faticosi anche perché non avendo studi d’arte alle spalle, dovevo trovare una mia strada. Vero è che pensai subito in grande e siccome all’epoca sapevo dipingere solo a olio ‘su’ (meglio dire, ‘sotto’) vetro, scelsi per la prima opera di ritratto una lastra di 1 metro per 70 cm. Sull’onda dei ricordi di una vacanza in Francia e dei mangiatori di patate dipinti da Van Gogh un secolo prima, avevo in mente un gruppo di bambini con la baguette in mano. Immaginavo un’ambientazione a Parigi, e avevo molte foto di edifici per quella che avrei rinominato “rue de la joie” ma non sapevo come fare per le figure umane. La soluzione venne dai cataloghi Postal Market che mi offrirono utili modelli di studio. Mi servì un inverno per portare a termine l’opera. Mi applicavo a tempo perso (di sera) prestando attenzione per la fragilità del vetro e per l’incolumità di mia figlia treenne che trotterellava nel miniappartamento. Soddisfatta del risultato, replicai l’anno dopo con “Le vacanze di Alice”. Il quadro della Pasqua in camper in Umbria risultò più intimo e dimostrò, con la bimba in primo piano, che anche la fiducia nelle mie capacità era cresciuta. Superfici, tecniche, situazioni sono cambiate nel tempo (acrilici, aerografo, carta, compensato, tessuto non tessuto, assemblage di ready-made, ecc), ma la gioia di ritrarre persone “significative” incontrate strada facendo, è rimasta ancora e sempre viva.