La presenza del mare nelle mie opere data fin dagli esordi. Subito si configura in modi più complessi del puro riferimento ai colori. Turchese, acquamarina, effetti di luce sull’acqua abbondano in numerosi dipinti, ma è il significato metaforico-simbolico il più pregnante. È l'(a)mare, la capacità (ri)generatrice de’ la mer come nell’omonimia fonetica del francese, l’incessante fluttuare delle onde che ridefinisce continuamente l’apparente superficie piatta, la con-sonanza con le onde del cuore, l’evocazione della sacralità fin dal battesimo di Sheren. Con l’avvento della performance, il mare è il primo a passare dalla rappresentazione pittorica, troppo statica, a una ridefinizione dinamica, sotto forma di leggeri e quasi impercettibili teli di plastica da far ondeggiare, nei quali avvolgersi, ai quali dare forme di creature marine e non. È un mare nel quale perdersi per poi ritrovarsi davvero. E allora il mare si può ricreare dappertutto, anche quando è fisicamente molto distante, come capita a Milano nel 2011 e in una Water Tower dismessa a Sofia nel 2013. Una sintonia “perfetta” con il mare vero ebbe luogo nella performance “Sherena Velella” a Ponza, al centro del Mediterraneo, nel 2014.