16 settembre 2014, Firenze: è stata un’occasione unica e meravigliosa per incontrare Ryosuke Cohen, la sua arte, nuovi amici al Circolo degli Artisti casa di Dante, in una full immersion con i capolavori del passato. Tutto, alla fine è risultato “perfetto”. La collaborazione, il desiderio di capire l’arte, il Giappone si sono dispiegati/risolti nella semplice umanità e partecipazione del momento.
clockwise from bottom left: 1) still frame from the video of the performance “Sherena Velella” in Ponza LT, 2) Sherena Velella with Ponza harbour, 3) “Birth of Venus” by Botticelli at Uffizi, 4) Noriko Shimizu, Gianni Broi, Ryosuke Cohen, Laura Cristin outside Casa di Dante in Florence on September 16th, 5) Ryosuke at work, 6) detail of Tarots’ ensign 2 “ear_th”, 2010, 7) performance at “Lo Stracquo”, September 14th, 2014, 8) silhouette portrait of Laura Cristin by Ryosuke Cohen, 2009
Dal mio diario marittimo:
Martedì 16 settembre 2014, in tarda mattinata, vestita del mio abito di seta azzurro preferito, sono capitata a Firenze. Provenivo dall’isola di Ponza, dal centro di Mediterraneo, dove avevo realizzato la performance “Sherena Velella” al finissage di una mostra. Un non proprio agevole viaggio – in nave, autobus, treni in ritardo e per ultimo un taxi giallo — mi avevano infine condotto alla casa di Dante. Lì, insieme ai due miei pesanti bagagli ero stata prontamente e familiarmente accolta dalla presidente del circolo Graziella Marchini e dai partecipanti all’incontro. Attendevamo tutti Gianni Broi (il curatore) che arrivò poco dopo e Ryosuke con Noriko (sua moglie). La sala era/è bella, con i ritratti/ dipinti dei “macchiaioli” appesi alle pareti e tante riviste che lasciavano indovinare trascorsi interessanti. A tratti mi sentivo quasi intimidita dalla/e storia/e. Avevo già incontrato Ryosuke Cohen a Minden, in Germania nel 2009 e in quell’occasione mi aveva fatto il ritratto-silhouette (che ora campeggia nel mio studio) su uno dei suoi fogli brain cell per i quali è conosciuto nel mondo della mail art. Si tratta di collages di francobolli, adesivi, e altro che gli perviene dalla rete postale e che l’artista ri-compone per esprimere una sorta di essenza di ciò che sta succedendo nel mondo. Mentre eravamo tutti indaffarati/preoccupati di contattarlo, intorno a mezzogiorno, Ryosuke e la moglie si sono magicamente materializzati. Ryosuke era radioso, felice di essere lì. L’intervista che poco dopo è seguita non è sempre stata agevole per via della lingua e della complessità dei concetti. Ogni difficoltà si è dissolta tuttavia nella parte pratica. L’artista ha abbozzato il profilo dei presenti, uno per uno, su grandi fogli brain cell che aveva al seguito, mentre Noriko fotografava i soggetti per una migliore documentazione nel successivo completamento. Gianni era impegnato nel collage di una cornice intorno alla pergamena della cittadinanza onoraria che aveva preparato per Ryosuke, nonché nel ridimensionamento del poster in modo che potesse stare senza essere piegato nella cartella dei disegni. Oltre a colla e forbici, servirono alcune consultazioni per collocare un significativo frammento di arte postale di Gianni (un rettangolo verde con una talpina che si chiede “qual è la formula magica?”) incluso da Ryosuke in un brain cell inviato nel 1985 a una mostra di mail art degli Uffizi. Consigliai di incollare la talpina sul retro, al centro, dove poteva essere maggiormente valorizzata e viaggiare ancora in Giappone.
L’immagine della nascita di Venere del Botticelli, nell’atto di emergere dalle spume del Mediterraneo (Cipro) faceva capolino di tanto in tanto nella mia mente. Ma i capelli sonori che avevo usato nella performance di Ponza, e altri accessori per l’eventualità di un’azione d’arte vera e propria, rimasero nel bagaglio. Il fatto è che durante tutto l’incontro lo spirito della mail art aveva già preso forma/e nella sua dimensione più sincera. La cooperazione, il sentirsi allo stesso livello, il darsi da fare perché ciò che deve succedere, accada al meglio, al di là della visibilità e della promozione commerciale di se stessi… era quella la performance. L’arte più pura, forse è proprio di chi la fa con disinteresse e impegno, anche senza rendersene conto. “Esserci” era stata la performance che aveva potuto contare su numerose presenze del presente e del passato e che si concluse poco dopo, ciliegina sulla torta, con un gelato mangiato insieme e un caloroso goodbye!